Ruben Mureddu (1979 – Roma).
Vive e lavora ad Alghero.
Studia Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e l’Accademia di Belle “Mario Sironi” di Sassari, dove si diploma con una tesi sul rapporto tra l’espressione creativa e la componente psichiatrica dal titolo: “Andata e Ritorno. Arte e Psichiatria”.
Durante gli anni di studio viaggia, trascorrendo lunghi periodi in India e nel sud-est asiatico.
Seguono anni che l’artista stesso definisce “celiniani”, di intensa ricerca personale tra Parigi, Lione e Strasburgo, al termine dei quali ritorna in Sardegna per intraprendere un percorso psico-analitico.
Riconosciuto l’interesse verso l’implicazione arte-mente, nel 2012 frequenta il Master di Livello I° “Le artiterapie (musicoterapia, danzamovimentoterapia, arti grafiche e plastiche, teatroterapia e comicoterapia): metodi e tecniche d’intervento”, presso l’Università degli Studi ROMA TRE, che gli permette di avvicinarsi professionalmente alle comunità terapeutiche.
Dal 2011 al 2017 lavora nelle comunità psichiatriche residenziali protette dei padiglioni ex-manicomiali di Rizzeddu, a Sassari, dove progetta e coordina i laboratori di tecniche plastico-figurative in collaborazione con psicologi, psichiatri e operatori sociali. I laboratori, da mero strumento terapeutico, diventano spazio di reciproco scambio con i pazienti, per poi trasformarsi in un luogo privilegiato d’indagine artistica e sperimentazione.
Congiuntamente alla pratica artistica come terapia, elegge la pittura figurativa a sua principale forma d’espressione.
Tra le esposizioni più recenti: Effetto farfalla, Il Ghetto, Cagliari, 2020; Ti ho uccisa 32 volte, Galleria Siotto, Cagliari, 2020; Invisible narratives, spazio Mauro Manca, Sassari, 2019.
“Arte”. Altro non è che una delle forme di comunicazione di cui disponiamo. In questo senso mi chiedo perché la faccio e perché altri dovrebbero contemplare la mia espressione.
La ragione per la quale integro l’arte visiva alle costituite modalità di espressione e scambio è che ritengo queste insufficienti a permettere a pieno il bisogno di ognuno di definirsi. Linguaggi trasversali quali le arti, in tutte le loro forme, consentono una più completa esplicazione di noi.
E a questo punto credo di avere bisogno di definirmi.
Ecco la risposta al perché dipingo e perché altri si scomodano a farne esperienza: è un bisogno, una spinta che viene dall’interno. Non ci sono secondi fini se non quello di conoscermi, sublimarmi in un oggetto artistico per offrirlo all’altro. Niente a che vedere con intenti altruistici o eccessivo narcisismo.Semplicemente una estrazione. Sposto da me una immagine esponendola all’esperienza collettiva. Ora il peso dell’immagine non è più solo mio ma è condiviso. Io posso adesso dare spazio e conoscere l’immagine successiva e quella precedentemente estratta si carica di indipendenza da me e di vita propria, suscettibile di interscambio con l’esterno.
“Dunque io sono questo. Lo sono rispetto a questa e/o quella condizione interiore e/o esterna, lo offro a te e di conseguenza sei autorizzato a farne un uso. Dare un tuo feedback e/o a dirmi chi sei tu”.
La pittura è solo il pretesto, lo strumento per spingermi in zone d’ombra, “no man’s land”, catturare ciò che chiede di essere portato alla luce. Mantenere una costante lucidità nel dialogo con gli elementi che abitano le regioni dell’inconscio è il paradosso necessario affinché la comprensione e il reperimento di ciò che ha bisogno di essere rappresentato sia il più onesto possibile.
Subiamo costantemente la fascinazione di dati, bulimiche assunzioni di informazioni, stimoli sensoriali e intellettivi fino ad arrivare, spesso, a non essere in grado di distinguere ciò che ci appartiene intimamente da ciò che poco o niente ci riguarda. Per questo larga parte del mio lavoro è attenta al mantenimento del contatto con me stesso, alla lettura di ciò che si anima all’interno, scremando e pazientando nel riconoscimento di finti sé, definendo ciò che sono rispetto a una data situazione. Solo a quel punto posso avviare il lavoro di trasfigurazione di emozioni, stati d’animo, idee in immagini o composizioni di immagini in un gioco di raccolta di elementi costantemente rielaborati, spesso decontestualizzati e collocati in ambienti diversi che meglio danno all’osservatore l’idea sottesa all’opera.
L’operazione pittorica, quella esecutiva, compare molto dopo. Può attendere pochi minuti se baciata da un insight fortunato o settimane e mesi se la certezza di ciò che intendo elaborare tarda ad arrivare.
Curriculum
Mostre Personali
2020
- Ti ho uccisa 32 volte, a cura di Roberta Vanali, Galleria Siotto, Cagliari
2019
- Invisible narratives, a cura di Mariolina Cosseddu, spazio espositivo Mauro Manca c/o Liceo artistico “Filippo Figari”, rassegna Non rientrare tardi, Sassari
- Intervento di rigenerazione urbana presso la scuola primaria “Asfodelo” in occasione del festival Mamatita, a cura di Chiara Murru, Alghero
2017
- Unheimliche, a cura di Morgana Masu, dibattito sulle arti-terapie, Artaruga, Cagliari
Mostre collettive
2020
- Effetto farfalla, a cura di Roberta Vanali, Centro comunale d’arte e cultura Il Ghetto, Cagliari
2019
- Ami, a cura di Gesine Arps, Mizen Fine Art Gallery, Parigi
2018
- Magnificat, a cura di Anna Rita Punzo e Baingio Cuccu, Sala Corrale, Neoneli (OR)
- Trasformazione, a cura di Daniele Gregorini, EXMA – Exibiting and Moving Arts, Cagliari
- Arte-Evento-Creazione, XXII Edizione, a cura di Mariolina Cosseddu, parco di Molineddu, Ossi (SS)
- Ri-evoluzione, a cura di Ass. Paint Arte Street, Museo Sa Domo de sas Artes e de sos Mestieres, Loculi (NU)
2017
- Paratissima, fiera d’arte contemporanea, Centro Culturale d’Arte Il Lazzaretto, Cagliari