EFISIO NIOLU | INTERVISTA ZERO
Parole
…le parole che liberamente affiorano nella mente quando si lavora, e quelle che servirebbero poi a restituirle per iscritto, sono separate da una distanza enorme. Per queste ultime ci vuole sapienza e competenza. Per mia fortuna, alla testardaggine di rendere in forma scritta alcune idee che mi passano per la testa quando mi dedico ai miei lavori, è arrivato in aiuto un amico…
Seguendo quel suo consiglio ho preso le parole che a volte sento girare nel mio studio e nella mia testa – quelle dell’indice di questo libro* – le ho infilzate, e le ho appese. Come carte moschicide. E ho aspettato che qualcosa del pulviscolo vagante nell’aria vi restasse attaccato. Sperando anche che quelle parole, esposte con tanta evidenza, traessero da sé una qualche potenza e, soprattutto, una loro forza magnetica capace di attirare riflessioni, ricordi, dubbi e stupori. E questi, incollandosi alle parole, ripulissero l’aria circostante**.
* Vivente; Adornos; Fossi; Tatto; Vista; Ritratto; Grammatica; Attrezzi; Linea; Pittura; Ispirazione; Paesaggio (n.d.r.)
** Tullio Pericoli, “Arte a parte”, Adelphi Edizioni, 2021
Quali sono le parole che affiorano nella tua mente (e nel tuo studio) quando lavori?
visibile
invisibile
rispetto
equilibrio
musica
silenzio
spazio
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1 | Qual è l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
L’elaborazione di una sintesi visiva che possa far dialogare l’oriente con l’occidente, ovvero la messa a punto di un esperanto visivo tra due differenti visioni del mondo. Un ideale confronto tra civiltà rappresentato attraverso l’uso di rarefatte griglie segniche e un calcolatissimo rigore compositivo, tipico della cultura occidentale, che si fonde con quello espressionistico più vicino al mondo orientale.
Una ricerca formale che non gravita su poli opposti quanto, piuttosto, su una loro felice sintesi.
2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Credo di aver dipinto sempre lo stesso quadro, nel senso che il mio procedere artistico è costante nel tempo, fatto di minime variazioni tematiche, devoto al minimalismo astratto e alla sensibilità dei materiali, come ad esempio la carta da pacco e la tela grezza. Utilizzo elementi compositivi semplici (linee rette, quadrati e rettangoli), niente di riconducibile a esperienze artistiche del passato, ma semmai la formula aniconica è per me uno stratagemma attraverso il quale cerco di delineare uno spazio mentale sgombro da interferenze e riferimenti figurativi che possono alterare la pura e semplice percezione.
3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni -concettuali e tecniche- ti portano ad affrontare
L’uso di materiali poveri (la carta da pacco, la tela grezza, ecc.) impediscono una pittura di superficie e mi permettono di concepire l’opera come un oggetto dipinto. Le tele evidenziano una pratica minuziosa che necessita di un lento processo di esecuzione. Le carte intagliate a mano e incollate sulla tela, le sbavature di colore e l’azione pittorica annullano il rigore compositivo e progettuale dell’opera, permettendomi così di dare risalto alla componente emotiva piuttosto che a quella razionale. Questi espedienti tecnici mi consentono di instaurare empaticamente un dialogo ravvicinato con lo spettatore e fanno sì che la visione possa tramutarsi in un esercizio di riflessione.
4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Considero il mio lavoro perennemente in fieri, ho un approccio particolarmente discontinuo con la genesi di un’opera, inizio-smetto-riprendo in continuazione più lavori contemporaneamente. L’insieme mi permette di vedere il particolare e viceversa.
Penso che il lavoro di un artista si possa apprezzare meglio se valutato nel suo complesso. Ad esempio: immaginiamo un film, ad ogni fotogramma corrisponde una singola opera, per ogni scena una serie di lavori accomunati dallo stesso tema e il tutto si fonde con lo stile narrativo dell’autore. Per me non è importante il singolo pezzo, ma l’insieme delle opere che devono necessariamente dialogare tra loro all’unisono.
5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Assolutamente sì. Per metodo progettuale intendo riferirmi al pensiero, alla riflessione e all’analisi di un tema prestabilito. Per me è importante il processo creativo, l’esecuzione, il tempo che trascorre dall’ideazione alla realizzazione dell’opera, la manipolazione dei materiali e dei colori, la coerenza formale.
6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
Il progetto è tutto, opera stessa.
7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Si dice che nessuno è un’isola, ed io non faccio l’eremita. Penso che l’arte sia uno strumento di comunicazione capace di aggregare le persone per via di interessi comuni, per affinità o per un semplice fatto culturale. Fare arte, o fruire l’arte, ha senso solo se le si dà il giusto valore, la si colloca nella giusta dimensione umana, niente di miracolosamente geniale o di inafferrabile.
Il mio fare artistico lo si potrebbe considerare come uno strumento atto alla ricerca di una dimensione umana che si rispecchia necessariamente al di dentro, prima di essere offerta all’esterno. Un modo contemplativo di proporsi artisticamente che non ha niente a che vedere con tendenze New Age all’ultima moda, ma semmai, questo mio atteggiamento, è da considerarsi come il risultato di continue riflessioni interiori che svolgo quando opero. Inizialmente elaboro e sviluppo autonomamente i miei progetti, in una fase successiva interagisco con critici, curatori e operatori del settore per la messa in opera di quanto elaborato.
8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto“finiti”.
L’opera è sempre incompiuta e si completa con la successiva. Ogni progetto contiene in sé parte del lavoro precedente ed anticipa il successivo e questo senso di “incompletezza” stimola la mia ricerca artistica.
9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
L’ultima realizzata, perché completa la precedente.
10 | Qual è l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico?Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Conservo tanti taccuini stracolmi di bozzetti e idee di vario genere. Sono studi preliminari che produco durante la fase di progettazione; non tutto ciò che è tracciato in questi fogli si concretizza, ma non è un problema. Questa pratica è parte integrante del metodo di lavoro che utilizzo.
11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
Oggi viviamo in un’epoca di eterno presente, tutto si consuma in un lampo, non si ha più il tempo di riflettere sulle cose che ogni giorno percepiamo in sovrabbondanza. I linguaggi si mescolano e i ritmi quotidiani della nostra vita sono scanditi da internet, tv, giornali e social. Questo nuovo “mondo”, virtuale, si è connesso con la vita reale, determinando ulteriori modalità di socializzazione, di condivisione e di fruizione delle opere d’arte.
Personalmente cerco una pausa da tutto questo e attraverso la mia pratica artistica (terapeutica?) tento di scovare nuovi punti di vista e l’opera si trasforma nel luogo della meditazione e del pensiero dove il tempo si dilata e ridefinisce una nuova realtà sensoriale.
12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/ domanda non può fare a meno di confrontarsi?
In questo periodo di emergenza sanitaria causata dal Covid-19 i pensieri, inevitabilmente, scandagliano il vissuto quotidiano. Si ridefinisce la scala dei valori fondamentali, sono altre le priorità che ci attendono e nulla sarà come prima. Così, lasciando fuori dal discorso il dramma reale che questa pandemia sta generando dal punto di vista sanitario, sociale, economico e politico, anche lo spazio di pensiero che dedico al lavoro artistico subisce una trasformazione, cambia il punto di vista e muta il senso del mio fare artistico. Credo sia necessario ridefinire una identità sociale maggiormente corrispondente alla dimensione umana. Auspico il ritorno ad un nuovo Umanesimo.
Efisio Niolu | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi