GIANNI NIEDDU | INTERVISTA ZERO
Parole
…le parole che liberamente affiorano nella mente quando si lavora, e quelle che servirebbero poi a restituirle per iscritto, sono separate da una distanza enorme. Per queste ultime ci vuole sapienza e competenza. Per mia fortuna, alla testardaggine di rendere in forma scritta alcune idee che mi passano per la testa quando mi dedico ai miei lavori, è arrivato in aiuto un amico…
Seguendo quel suo consiglio ho preso le parole che a volte sento girare nel mio studio e nella mia testa – quelle dell’indice di questo libro* – le ho infilzate, e le ho appese. Come carte moschicide. E ho aspettato che qualcosa del pulviscolo vagante nell’aria vi restasse attaccato. Sperando anche che quelle parole, esposte con tanta evidenza, traessero da sé una qualche potenza e, soprattutto, una loro forza magnetica capace di attirare riflessioni, ricordi, dubbi e stupori. E questi, incollandosi alle parole, ripulissero l’aria circostante**.
* Vivente; Adornos; Fossi; Tatto; Vista; Ritratto; Grammatica; Attrezzi; Linea; Pittura; Ispirazione; Paesaggio (n.d.r.)
** Tullio Pericoli, “Arte a parte”, Adelphi Edizioni, 2021
Quali sono le parole che affiorano nella tua mente (e nel tuo studio) quando lavori?
moltiplicare
sottrarre
pianissimo
haiku
classificare
ritmo
provvisorio
fine
popolare
_
1 | Qual è l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
Direi che è quella di unire a un rigore modernista, a una trama geometrica, un senso di provvisorietà, di instabilità. Contrasti non solo formali, ma che riguardano, talvolta, i contenuti (POLICE; CLASSICO GESSATO).
Costruire, risemantizzando oggetti già esistenti (TELAI).
In alcune opere un apparente intento di rigore scientifico viene smentito da una realizzazione ludica e leggera (LE MACCHIE DELL’ETA’; PARTE LESA).
2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Agli inizi, sono stato influenzato dai movimenti artistici che amavo: espressionismo astratto, scrittura-pittura ecc. Un apprendistato forse necessario, non avendo frequentato scuole d’arte. Osservando i lavori degli ultimi vent’anni, mi sembra di ravvisare, ora, pur nel variare di medium e approcci, una certa coerenza. Ciò non è frutto di una elaborazione teorica, piuttosto il risultato di un agire necessario, naturale. Presto attenzione ad aspetti marginali ma fecondi del quotidiano, osservati con uno sguardo laterale.
3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni -concettuali e tecniche- ti portano ad affrontare?
Per concretizzare un’idea, devo, preliminarmente, decidere quale mezzo utilizzare: istallazione, dipinto, disegno, foto? Scelto il medium, devo pensare al supporto: una tela stelaiata, un rotolo di carta da lucido, un foglio di carta carbone; una istallazione può essere scolpita, sagomata da me o semplicemente nasce dalla semplice unione di oggetti già esistenti (SPORT ESTREMI). Talvolta l’idea iniziale può subire leggere deviazioni. Il cantiere ne prova la fattibilità (LUCCIOLE).
4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Spesso i soggetti delle mie opere si autoalimentano da lavori precedenti (pubblico in attesa davanti al teatro dei burattini > folle > guinzagli). Talvolta un oggetto accumulato in studio (amo acquistare oggetti che sento sensibili, giusti) mi suggerisce un percorso. L’oggetto mi suggerisce il tema, altre volte il tema mi fa riconoscere l’oggetto.
5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Non credo si possa parlare di metodo progettuale. Il modus operandi descritto nella precedente risposta credo lo spieghi. Si tratta, in buona sostanza, di un “imparare facendo”.
6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
Non credo abbia una grande importanza.
7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Non ho mai collaborato con altri artisti. Talvolta mi confronto su alcune idee e durante le fasi del lavoro.
8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto “finiti”.
Fermarsi al momento giusto, soprattutto nel disegno, è decisivo: un minuscolo segno di lapis di troppo potrebbe rompere un’armonia. Per le installazioni ci sono meno rischi.
Finita, lascio riposare l’opera qualche giorno per poi decidere se è veramente finita.
9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
I DISSUASORI non è la mia opera più rappresentativa, è però quella che illustra meglio un’aspetto importante della mia ricerca. Provo a spiegare. Amo gli ossimori e nell’opera I DISSUASORI possiamo coglierli sia dal punto di vista formale, dei materiali (acciao inox, freddo e geometrico insieme ai semi di girasole a pois, naturali e divertenti), sia dal punto di vista concettuale (comunicano un invito respingente). Amo queste ambigue rappresentazioni, presenti anche in altre opere.
10 | Qual è l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico?Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Non ho opere incompiute. Ho opere messe da parte.
11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
Non me lo chiedo. Ho un atteggiamento ludico e leggero. Poco serio ma rigoroso.
12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/ domanda non può fare a meno di confrontarsi?
Non riesco a rispondere a questa domanda.
Se devo partire dalla mia esperienza, posso dire che ciò che mi spinge a produrre un’opera non è mai il desiderio di confrontarmi con i problemi o le grandi questioni dell’universo. La mia è più una predisposizione al gioco. Un divertimento con un retrogusto di inquietudine.
Fortunatamente e misteriosamente, talvolta, il senso del nostro fare va oltre il nostro intento.
Meno male.
Gianni Nieddu | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi