Laura Fonsa – Intervista Zero

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LAURA FONSA | INTERVISTA ZERO

Parole

…le parole che liberamente affiorano nella mente quando si lavora, e quelle che servirebbero poi a restituirle per iscritto, sono separate da una distanza enorme. Per queste ultime ci vuole sapienza e competenza. Per mia fortuna, alla testardaggine di rendere in forma scritta alcune idee che mi passano per la testa quando mi dedico ai miei lavori, è arrivato in aiuto un amico…
Seguendo quel suo consiglio ho preso le parole che a volte sento girare nel mio studio e nella mia testa – quelle dell’indice di questo libro* – le ho infilzate, e le ho appese. Come carte moschicide. E ho aspettato che qualcosa del pulviscolo vagante nell’aria vi restasse attaccato. Sperando anche che quelle parole, esposte con tanta evidenza, traessero da sé una qualche potenza e, soprattutto, una loro forza magnetica capace di attirare riflessioni, ricordi, dubbi e stupori. E questi, incollandosi alle parole, ripulissero l’aria circostante**

* Vivente; Adornos; Fossi; Tatto; Vista; Ritratto; Grammatica; Attrezzi; Linea; Pittura; Ispirazione; Paesaggio (n.d.r.)
** Tullio Pericoli, “Arte a parte”, Adelphi Edizioni, 2021

Quali sono le parole che affiorano nella tua mente (e nel tuo studio) quando lavori?

orizzonte
fuga
dono
acqua
contenitori
forze
gruppi
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1 | Qual è l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
La mia ricerca si crea attraverso riflessioni teoriche. Il medium principale che utilizzo è quello dell’incisione, avendo realizzato studi e approfondimenti in questo campo negli ultimi 10 anni. Parto da una preparazione pittorica, ma anche installativa e fotografica. Le idee nei miei lavori muovono sulla meditazione del quotidiano, il mondo che ci circonda, caricandolo di significati metaforici che rimandano a pensieri più intimi. Mostrare un concetto significa mettere in campo gli elementi per poterlo distinguere, identificare delle forme che rimandano a cose ben precise, senza però essere semplice descrizione, ma anzi un rimando indefinito a cose meno chiare, ma inconsciamente decodificate. Un mulino è un grosso arnese che porta acqua, che lavora attraverso lo scorrere di essa. Ecco, il mulino è per me qualcosa che concretizza dei concetti perché nel suo agire mette in evidenza gli spostamenti, l’energia, le forze per avere un risultato, un dono.  Il risultato di ciò che avviene è quasi un miracolo. Il mulino è quindi un ottimo punto di partenza per indagare su concetti di concentrazione, trasformazione e rinascita. Partire da un oggetto, da una parola abbastanza chiara per poi parlare d’altro, delle dinamiche che si innescano da una forma e trovano riflessi in pensieri più profondi, nascosti; metafore per allargare il cerchio dell’immaginario e trovare punti fermi e infermi. Per questo ho bisogno di mettere in campo degli elementi riconoscibili, dei segnali, in modo che si possa partire da qualcosa per leggere il messaggio. La natura è sicuramente l’elemento dominante nei miei lavori, tutto il mondo vegetale, la medicina antica, l’alchimia, la casa come nucleo della vita fisica e affettiva, gli spazi, le distanze, la libertà di raccontare le cose attraverso simboli messi in un modo preciso, così da poter mostrare anche altro. Lavoro sui concetti nascosti, sulle ironie e contrattazioni, sulle certezze false e sulle vere visioni. Amo i concetti perché non mi annoiano e mi fanno sognare.

2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Da sempre ho cercato di sintetizzare i concetti con dei punti di riferimento. Nel 2010, l’anno in cui mi sono iscritta alla specialistica a Urbino, ho iniziato a studiare le piante, a creare Erbari e addirittura infusi. L’idea di catalogare e raggruppare gli elementi naturali è stato come creare un fondo su cui sperimentare, scoprire e conservare.

3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni -concettuali e tecniche- ti portano ad affrontare?
Il mezzo che più ho approfondito negli ultimi anni è quello della Grafica d’Arte, l’incisione calcografica e xilografica. Ho lavorato in un’importante stamperia in Toscana, la 2RC, con cui ho potuto sperimentare e realizzare approfondimenti tecnici ed espressivi. L’incisione calcografica su rame a più matrici e a più colori è sicuramente la pratica da me più adottata nella produzione degli ultimi 10 anni. Dal 2019 sono tornata in Sardegna dove ho ripreso a dipingere.
La pittura è per me una cosa immediata, uno spazio da riempire, cose da aggiungere; l’incisione al contrario è una pratica che toglie, che graffia, che poi ti restituisce tutto con l’inchiostro sulla carta, è come un regalo. L’incisione per me è un mondo dove perdersi in un modo razionale, perché ci sono i multipli, ci sono le prove e alla fine la tiratura, pulita e impeccabile. Grazie ai miei maestri ho imparato le tecniche, i gesti, le soluzioni per poter affrontare un progetto grafico.

4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Nella pittura preferisco la tavola alla tela, prediligo l’olio. Nell’incisione utilizzo il rame, che incido di solito con diverse tecniche in diverse matrici. In entrambi i casi, parto sempre da una ricerca, da un elemento, non lascio che le cose capitino, ho un progetto in mente, so dove devo parare. Nella stampa è tutto calcolato, tutto è in stato di ricerca sino alla prova definitiva da cui poi si farà la tiratura. Oltre la carta, la dimensione, i colori… soprattutto è un lungo processo di incisione, spesso attraverso l’uso degli acidi. Parto quasi sempre dall’acquaforte, poi acquatinta e infine puntasecca, di solito queste tecniche le fondo insieme nelle diverse matrici.

5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Certo, perché non vado a caso. Il fine può evolversi, ma l’intento è iniziale.

6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
Progettare un lavoro grafico costringe a pianificare tutte le fasi. La progettualità è la fase creativa, dove attraverso il pensiero e la ricerca si trovano i punti che si vuole raggiungere. Progettare un lavoro significa immaginarlo nella mente e trovare tutti i modi per poterlo realizzare. Ogni lavoro è diverso, ci sono progetti complessi dove le soluzioni non sono immediate, hanno bisogno di tempo e sperimentazione, altri invece sono intuitivi, risolti in pochi gesti. Penso che progettare sia una ricerca di sintesi.

7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Nella mia produzione preferisco lavorare da sola, mentre in stamperia si stampa spesso insieme nella tiratura, date le dimensioni e i tanti colori nelle matrici.

8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto“finiti”.
Quando ho raggiunto quello che volevo ottenere. Nella grafica d’arte, per esempio, ci si ritrova con le matrici incise e si inizia a fare per colore, si decide l’alternanza delle lastre, i colori si uniscono, sai dove vai, ma devi provare, si perde un sacco di tempo. Io per esempio prima di una scelta definitiva faccio dalle 10 alle 20 prove colore.
Un lavoro è finito anche alla prima, a volte bastano dei graffi a puntasecca stampati nero su bianco e il gioco è fatto. Non c’è un metodo per arrivare alla fine, ogni volta è diverso.

9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
Penso che uno dei progetti più importanti sia stato “Un infuso per guarire”, realizzato a Urbino tra l’orto botanico e la grande aula del dipartimento di decorazione. È stato per me un momento di grandi cambiamenti, ho cercato di mettere in scena un’utopia, mi sono convinta che attraverso delle piante medicinali avrei potuto trovare dei rimedi anche alla cura dell’anima. Ho raccolto, essiccato, realizzato erbari e tavole su carta, fatto video e fotografie. Ho invitato le persone all’orto botanico per assaggiare un infuso da me creato con semplici erbe medicinali. Urbino è stato per me un pagina pulita da cui partire sia nella vita che nell’arte.

10 | Qual è l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico? Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Ho delle matrici di legno di cui non sono riuscita ancora a fare la tiratura, sono lì che aspettano da qualche anno, si tratta di un progetto sulla temperanza. A volte mi capita di acquistare dei materiali costosi per lavorare, come grandi lastre di rame e ci metto molto di più a decidermi di iniziare ad inciderle, come se non mi sentissi del tutto pronta a consumare quel materiale, invece altre volte mi ritrovo in mano delle cose che ho fatto senza pensarci e sono riuscite alla grande, a volte un graffio può essere quello che dà senso a tutto.

11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
La pittura e la stampa d’arte sono mezzi antichi. Penso di proiettarmi verso il futuro attraverso le idee e i concetti che esprimo. Le tecniche che utilizzo sono tradizionali, ma il messaggio è odierno.

12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/ domanda non può fare a meno di confrontarsi?
L’arte ha a che fare col mondo in cui viviamo, col nostro tempo, arte/vita sono indivisibili. Anche la storia non si può ignorare perché gli artisti di tutte le epoche sono i nostri padri, le luci del percorso, le basi su cui possiamo iniziare.

Laura Fonsa | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi