Pastorello – Intervista Zero

● Agenda

PASTORELLO | INTERVISTA ZERO

1 | Qual è l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
La pittura.

2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Dal 1986 perché la considero il mezzo più evoluto.

3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni-concettuali e tecniche ti portano ad affrontare?
La questione che non è necessario. Cerco di scoraggiarmi, di impedirmi di farlo. Se potessi non dipingerei.

4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Compro i colori e li metto su una superficie. Non faccio altro che ripetere quello che si fa da migliaia di anni, da quando il primo ha iniziato. Per me è stato naturale e sarebbe rimasto un passatempo se avessi avuto delle doti nello sport o nella musica.

5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Nella mia tesi all’accademia nel 1991 lo avevo chiamato “metodo senza metodo”.
Dal 1996 al 1998 invece l’ho perfezionato dividendo il “non metodo” in due fasi. La prima fase è la “cosmetica (arte atomica)”, che comprende tutto quello che la storia dell’arte ha accumulato, incluso l’artista; la seconda è la “psicofisica(ermeneutica fantastica dell’etica quantistica)”, che traduce la teoria in oggetto, un oggetto frutto di una attività psicofica.
È una teoria non una modalità, posso anche non seguirla.

6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
Prima tantissimo, sino al settembre del 2001.
Mi consideravo un artista teorico non un artista concettuale.
Ora mi considero solo un pittore.
La progettualità viene cancellata dalla superficie bianca. Faccio sempre qualcos’altro.

7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Non collaboro.
Mi interessa il lavoro degli altri, certe volte mi piace anche, ma ognuno a casa propria.

8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto“finiti”.
Quando mi soddisfano.
Dipingo da più di 35 anni, il mio occhio sa cosa vuole.

9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
La mia opera è tutte le opere che ho fatto tutte assieme. Non ha senso per me separarle.
Mi piace cambiare, quando posso. Mi annoio se mi ripeto ma faccio sempre lo stesso quadro. Autoritratti, anche quando non c’è una figura sono sempre autoritratti, di me che mi guardo negli occhi.
Cosa è l’arte? L’arte è ciò che gli uomini considerano arte, ed io considero arte la pittura che mi guarda, attraverso i miei occhi.
Non credo che sia comunicabile quello che veramente accade.
Forse chiamiamo arte il residuo, lo scheletro, il campo di battaglia dopo la battaglia.

10 | Qual è l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico?Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Sarà tutto quello che ho fatto la mia “opera incompiuta”, sarà inevitabilmente incompleta perché morirò e non farò in tempo a finirla.

11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
Non si relaziona per niente.
Ho sempre preferito l’arte moderna all’arte contemporanea. Non mi interessa essere contemporaneo, non so neanche se si può evitare di esserlo, detesto la maggior parte di quella che chiamano contemporary art.

12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/ domanda non può fare a meno di confrontarsi?
Con la storia dell’arte.
Con la propria esistenza.
Con l’estetica, la psicoanalisi, lo studio della percezione.
Con qualsiasi mezzo.
Qualsiasi cosa facciano gli uomini dura il tempo della sua utilità. Non credo nel multiverso. Credo che il mondo sia uno, adesso, per sempre.

Pastorello | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi