Riccardo Camboni – Intervista Zero

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RICCARDO CAMBONI | INTERVISTA ZERO

Parole

…le parole che liberamente affiorano nella mente quando si lavora, e quelle che servirebbero poi a restituirle per iscritto, sono separate da una distanza enorme. Per queste ultime ci vuole sapienza e competenza. Per mia fortuna, alla testardaggine di rendere in forma scritta alcune idee che mi passano per la testa quando mi dedico ai miei lavori, è arrivato in aiuto un amico…
Seguendo quel suo consiglio ho preso le parole che a volte sento girare nel mio studio e nella mia testa – quelle dell’indice di questo libro* – le ho infilzate, e le ho appese. Come carte moschicide. E ho aspettato che qualcosa del pulviscolo vagante nell’aria vi restasse attaccato. Sperando anche che quelle parole, esposte con tanta evidenza, traessero da sé una qualche potenza e, soprattutto, una loro forza magnetica capace di attirare riflessioni, ricordi, dubbi e stupori. E questi, incollandosi alle parole, ripulissero l’aria circostante**

* Vivente; Adornos; Fossi; Tatto; Vista; Ritratto; Grammatica; Attrezzi; Linea; Pittura; Ispirazione; Paesaggio (n.d.r.)
** Tullio Pericoli, “Arte a parte”, Adelphi Edizioni, 2021

Quali sono le parole che affiorano nella tua mente (e nel tuo studio) quando lavori?

studio
metodo
osservazione
società
colore
poesia
proseguimento della parola
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1 | Qual e l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
La mia ricerca si basa su una pittura che sia critica verso questa società. Con i miei dipinti dissacro e demolisco il leiv motiv  “tutto andrà bene” imposto dagli schemi sociali borghesi. Ecco parte da qui l’idea, molto semplice, ho in odio questa società borghese da sempre, e ho sempre voluto dare il mio contributo al suo rovesciamento.

2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Da sempre, da quando ho iniziato a dipingere, dovuto anche alla sensibilità che mi ha dato la militanza politica nella sinistra comunista. Perché penso che l’arte si debba fare portatrice di un analisi critica della società in cui si vive.

3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni – concettuali e tecniche – ti portano ad affrontare?
La pittura è il medium che utilizzo, è il mezzo che mi ha sempre affascinato, credo e penso che per me la pittura sia il prolungamento della parola, perché prima di cimentarmi nella pittura scrivevo poesie, volevo diventare un poeta, ma ho sempre composto per immagini, quindi ho pensato di intervenire direttamente con quelle. Principalmente dipingo su tela, utilizzando olio o acrilico, a volte mischiando i due medium.

4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Realizzo le mie opere con un’idea precisa, poi a livello esecutivo dell’opera, in senso figurativo, sono molto istintivo, un’istintività razionale. Lavoro contemporaneamente a più opere, per essere il maggiormente possibile coerente stilisticamente. L’esperienza da cui ha origine una mia opera è ciò che mi ispira di più, la vita mia e degli altri, come una sorta di studio antropologico, però meno distaccato.

5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Il mio è un metodo caotico, come se dovessi mettere assieme un puzzle di idee e immagini e trarre la quintessenza da tutto lo schifo e il bello che è la vita con il suo caos.

6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
Senza progettualità  non esisterebbe il mio lavoro.

7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Hanno importanza soprattutto perché sono un modo di conoscere dal punto di vista lavorativo un altro artista, sono materiale fertile per la crescita.

8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto “finiti”.
È molto difficile rispondere a questo sentire che la tua opera sia finita… è quando ti trasmette sicurezza, sembra un’ovvietà, ma non lo è per niente, anzi è piuttosto drammatica come situazione.

9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
È Undici chilogrammi, un’opera composta da 30 tele, ogni singola tela ha la misura di 30×20 cm. Ogni singola, sommata per il proprio peso, mi da il peso ipotetico di una bambina di undici mesi. In questa opera ho voluto raccontare l’ipotetica vita di mia sorella attraverso simboli e oggetti che rappresentano una ragazza che si forma negli anni ’90, purtroppo morta all’età di undici mesi. La ragione non è altro che un atto d’amore.

10 | Qual e l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico? Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Nessuna, perché tendo sempre a completare le opere, può passare anche un anno ma le completo sempre.

11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
Per me la relazione con il contemporaneo è essere partecipe del momento storico che vivo, non mi piace guardare la storia che sfila dalla finestra, oppure non vivere intensamente la vita, devo rendermi veggente, come disse Rimbaud.

12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/domanda non può fare a meno di confrontarsi?
Con la vita e l’epoca storica e i suoi mutamenti, perché siamo sempre partecipi, volenti o nolenti, ma mai in modo passivo…

Riccardo Camboni | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi