Pietruccia Bassu – Intervista Zero

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PIETRUCCIA BASSU | INTERVISTA ZERO

Parole

…le parole che liberamente affiorano nella mente quando si lavora, e quelle che servirebbero poi a restituirle per iscritto, sono separate da una distanza enorme. Per queste ultime ci vuole sapienza e competenza. Per mia fortuna, alla testardaggine di rendere in forma scritta alcune idee che mi passano per la testa quando mi dedico ai miei lavori, è arrivato in aiuto un amico…
Seguendo quel suo consiglio ho preso le parole che a volte sento girare nel mio studio e nella mia testa – quelle dell’indice di questo libro* – le ho infilzate, e le ho appese. Come carte moschicide. E ho aspettato che qualcosa del pulviscolo vagante nell’aria vi restasse attaccato. Sperando anche che quelle parole, esposte con tanta evidenza, traessero da sé una qualche potenza e, soprattutto, una loro forza magnetica capace di attirare riflessioni, ricordi, dubbi e stupori. E questi, incollandosi alle parole, ripulissero l’aria circostante**

* Vivente; Adornos; Fossi; Tatto; Vista; Ritratto; Grammatica; Attrezzi; Linea; Pittura; Ispirazione; Paesaggio (n.d.r.)
** Tullio Pericoli, “Arte a parte”, Adelphi Edizioni, 2021

Quali sono le parole che affiorano nella tua mente (e nel tuo studio) quando lavori?

memoria
esperienza
ricerca
recupero
tempo
comunità
ambiente
relazioni
cultura
emozioni
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1 | Qual è l’idea (teorica e/o formale) al centro della tua ricerca artistica?
Lavoro principalmente sul concetto di memoria: la mia, ma anche quella che mi viene continuamente trasmessa dalla comunità nella quale sono cresciuta. Provo a restituire, rievocare immagini, lavorando sul complesso intreccio delle condizioni sociali, culturali, morali passate e presenti, che stanno alla base di una comunità.

2 | Da quanto tempo lavori con questa idea e perché?
Ci lavoro ininterrottamente da sempre, con una presa di coscienza sempre maggiore man mano che avanza il tempo. Accumulo esperienze, conservo e catalogo ricordi che poi confluiscono nei miei lavori.

3 | Il mezzo espressivo e i materiali che utilizzi nella tua ricerca, quali questioni -concettuali e tecniche – ti portano ad affrontare? Alcune volte per la realizzazione di un’opera mi lascio condizionare, condurre verso la scelta dei materiali necessari, che hanno spesso a loro volta una loro peculiare poetica. Altre volte accade invece che siano gli oggetti o la scoperta di alcune tecniche particolari a suggerirmi come rappresentare un’idea.

4 | Descrivi il processo di lavoro con cui realizzi le tue opere e l’esperienza da cui ha origine.
Quasi tutti i miei lavori sono nati dal richiamo di qualcosa che alberga nell’archivio della mia memoria. La realizzazione delle opere richiede però una progettazione che ha a che vedere alcune volte con la ricerca di documentazione sull’idea che intendo rappresentare; sempre con la ricerca dei materiali adatti alla rappresentazione dell’opera e con la ricerca della tecnica più adatta per mettere al mondo, realizzare l’idea.

5 | Definiresti questo processo un “metodo progettuale”? Perché?
Si perché le fasi del processo creativo sono come quelle del progetto di una casa o di un oggetto di design ecc. Bozza, idea, ricerca, rappresentazione grafica dell’oggetto di ricerca e scheda esplicativa dell’intervento. Durante tutto il processo creativo e prima della fase finale non deve mancare il tempo per far sedimentare il lavoro.

6 | Che importanza riveste la progettualità nel tuo lavoro?
La fase progettuale è fondamentale, l’opera finale è la realizzazione di un’idea che passa attraverso il lavoro di progettazione e dipende da come tutti gli elementi (ricerca storica, dei materiali e delle tecniche) trovano una loro collocazione un loro ordine.

7 | Che rilevanza hanno, e come influiscono, nella tua produzione, le pratiche di tipo collaborativo?
Le collaborazioni sono molto importanti sia nella fase progettuale, sia in quella esecutiva. Nella prima fase sono particolarmente costruttivi, riguardo l’idea che intendo sviluppare, gli scambi, i confronti e le discussioni con mia madre o con le persone a me vicine. Nella fase esecutiva è fondamentale il rapporto con chi deve eseguire materialmente alcuni lavori (fabbri…).

8 | Parlaci del momento in cui consideri un’opera o un progetto“finiti”.
Il lavoro è finito quando lo presento al pubblico, anche se spesso nella mia testa continuo a rielaborarlo e a modificarlo per tanti anni.

9 | Qual è l’opera più rappresentativa del tuo percorso artistico? Per quali ragioni?
Vitef è l’opera che più mi rappresenta. È una performance eseguita e registrata in un video che risale al 2008 e che rimanda a un gesto lento, lungo e continuo “di cura” dedicato a mia nonna. Quest’opera è l’emblema di quello che ho raccontato qui finora: un episodio sepolto nella mia memoria che riaffiora e spalanca un varco temporale che ancora oggi è aperto e nutre le mie opere.

10 | Qual è l’opera incompiuta più significativa nel tuo percorso artistico? Che valore ha assunto questa esperienza nella tua ricerca e per il tuo metodo di lavoro?
Tutte le mie opere sono “incompiute”, tutte mi costringono a ripensamenti, ma una volta realizzate mi forzo a lasciarle andare, anche se mi pesa abbandonarle ad uno stadio di “perfettibilità”. Questo è il dissidio che mi spinge alla ricerca di una perfezione che non esiste, da realizzare nella prossima opera.

11 | In che modo la tua produzione artistica si relaziona con il contemporaneo (in termini di idee, linguaggi, metodi, strumenti) e si proietta verso il futuro?
Le mie opere scavano nei ricordi, nella memoria del passato, le realizzo per ricordare al mio presente di non dimenticare.

12 | Secondo te, oggi, la creazione/produzione artistica tout court, con quale questione/ problema/ domanda non può fare a meno di confrontarsi?
L’arte a mio avviso deve potersi confrontare con qualsiasi domanda/questione/problema, senza necessariamente avere la pretesa di dare una risposta.

 

Pietruccia Bassu | Intervista Zero
a cura di Eleonora Angiolini e Laura Vittoria Cherchi